Mara Sgammiria

1967

MARIA SGAMMIRIA

 

01. Mara... parte prima - 02. Mara... parte seconda

 

L'esercizio del tradurre ha assunto ai nostri giorni un interesse equivalente all'impegno artisti­co dato da forti personalità letterarie come, per i lirici greci, cominciò a fare Salvatore Quasimodo restituendo ai testi antichi la freschezza di pronuncia poetica che la scuola con pesante armatura ave­va dissolta.
La lezione di Quasimodo è stata efficace per­ché, in questi anni, abbiamo veduto succedersi una serie di felici traduttori che hanno fatto a gara per diffondere un gusto di lettura da poeti d'altra lin­gua utilissimo ad allargare e approfondire il geloso territorio della poesia.
Con queste traduzioni dai greci dell'Antolo­gia Palatina e da Catullo Santo Cali ci offre ora un autentico dono.
Cali è un poeta, e solo in grazia di questa sua qualità, egli ha potuto raggiungere la voce d'un antichissimo testo, impadronendosi della sua vita germinale e sviluppandola con quella forza che so­lo una fantasia attiva riesce ad avere.
Asclepiade, Meleagro, Marco Argentario, Stratone, Rufino, Pallada, Paolo Silenziario, Catullo, non avrebbero potuto dire poeticamente meglio in siciliano di come ha fatto oggi Santo Calì.

Sentiamo in queste traduzioni un'aura di anti­co, colto nell'attimo vergine della sua nascita, o nel momento della sua immacolata scoperta; qualcosa che ci giunge dalla lontananza dei tempi, intatto nella sua pregnanza verbale, e s'insinua nelle pro­fondità dell'anima: voce perenne della poesia che non muore mai e rinasce tutte le volte che trova le condizioni adatte per continuare la sua vita. [Ermanno Scuderi]... (continua)

.: la notti longa :.

 

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